Dicono Londra sia bellissima.
Dicono sia malinconica e romantica al punto giusto.
E dicono anche sia immensamente caratteristica e unica.
Prendo la mia valigia,scivolo via velocemente per prendere un taxi.
Sono tutti composti,l'unico rumore fastidioso proviene da un gruppo di italiani super frementi di alcolizzarsi e farsi qualche donna anglosassone,per ereggere il vessillo della vittoria.
A me Londra appare immediatamente maledettamente triste e malinconica e rapace di tranquillità vera,non appariscente in un primo sguardo:monto gli occhiali,un raggio di sole si fa largo tra le nuvole che porteranno pioggia tra qualche ora;sfilo anche una sigaretta,e me l'accendo.
Londra non mi piace ne mi piacerà in futuro.
Londra sarà solo un illusorio rifugio che detesterò con tutto me stesso.
Sarà per questo,probabilmente,che avrò un rapporto di profondo odio e amore con essa:perchè sarà il covo dei miei fallimenti.
Non lavorativi,anzi.
Ma quelli che si sviscereranno dentro di me.
Cerco di non pensare a lei,ma il suo pensiero è un assassino virtuale:mi prende alle spalle,e non mi lascia più.
Un ombra e una fedele compagna e la mia amante nelle notti di solitudine.
Sono leggermente sudato,e ho sonno.
Non quel sonno tipico,quello che vuoi dormire e sdraiarti a letto.
Quel sonno che è più un desiderio,che credi sia reale e poi quando ti sdenti sul materasso evapora come se nulla fosse e ti lascia solo a far compagnia alla notte e lo sguardo diventa predatore del soffitto.
Io ho quel tipo di sonno lì.
L'albergo dove sono,chiedendo informazioni con un inglese molto rozzo,è proprio girando a destra,circa trecento metri più in là:non ho alcuna voglia ne di andarci ne di girare la città ne altro.
Sembra stupito,appaio come uno studente forse,però rimane molto sorpreso quando chiedo del più prestigioso e famoso e borghese Hotel di Londra,il Royal.
Vorrei dirgli che è tutto pagato e che sono uno scrittore e che non sono poi un ricco,che i soldi sono venuti così,tutti a una volta dopo un'adolescenza da membro di una famiglia media:ma lascio perdere.
O mi prenderebbe per pazzo o per un drogato.
O semplicemente non capirebbe proprio nulla del mio inglese insufficente.
Squilla svariate volte il telefono:e mia madre e mio fratello e Axel e direttore della ditta di libri.
Lo chiudo,non mi va proprio di parlare con i miei familiare o di ascoltare la voce sorpresa del mio editore quando con apatia non sembro sorpreso o soddisfatto del lusso che mi ha posto qui davanti.
Ho scelto Londra tra Parigi e Vienna e Praga,perchè è il posto dove lei sarebbe sempre voluta andare.
Il posto,dove poi è andata e ha posto le fondamenta della sua carriere.
L'ho scelta per capire meglio la mia vita,per ricercare meglio i miei errori,per capirli fino al midollo e strangolarli con decisione.
L'ho scelta per fuggire ma non troppo,senza che nessuno capisse perchè andassi qua.
Invece lo sapevo benissimo,e mi tranquillizza che i miei amici e parenti pensino non abbia alcuna connessione con il passato l'Inghilterra:lei,lei credo lo sappia ma non voglia capirlo.
Entro a un bar,ordino un caffè.
Il caffè più disgustoso che abbia mai assaggiato.
Non ho mai imparato a fare il caffè,per principio,perchè mio padre e mia madre si erano impuntati a farmelo apprendere,e per questione d'orgoglio,non l'ho mai fatto.
Ne imparerò mai.
Il cameriere mi chiede qualcosa,ma non capisco un cazzo.
"Yes Yes,come no."
Sorrido divertito e pago e vado via.
Andare nei paesi esteri è sempre stato esilarante per me,ero l'interlocutore ufficiale della mia compagnia:se ero in Francia parlavo italiano con cadenza francese,in Spagna aggiungendo una s,in Germania col tono da nazista.
Tanto sta,che a Parigi mi stavano denunciando perchè avevo fatto capire che la mia borsa era quella di un manager del posto.
Risate da matti.
In Spagna invece in albergo ho rischiato il linciaccio perchè una parola detta in italiano lì voleva dire qualcosa simile a "coglione":risate con annessa fuga,stavolta.
In Germania,beh,è immaginabile come il senso dell'umorismo sia abbastanza scadente.
Con il passare dei mesi,restare a Londra non mi ha mai aiutato a cercare e capire e scovare quello che desideravo,ma a intuire il perchè a lei piacesse così tanto l'idea di venire a vivere qui o semplicemente visitarle da capo a piedi:perchè Londra è lei città.
A quel sorriso debole di un raggio di sole che timido sguscia tra le nuvole e quella risata contagiosa quando piove e c'è sole e piove e c'è sole,quella malinconia di giorni e giorni e giorni senza luce,con l'ombra che rende cupa la città.E la limpidezza e lo sfuggire del suo fiume Tamigi che sgaiattola nella città rapido:a volte in piena,a volte essiccato.
Londra ha quel tocco di misteriosità che nessuna città al mondo ha,quel tocco di misteriosità semplicemente,particolare,unico.Così come lei:non ho mai conosciuto una donna con quel suo fascino e mistero,mai.
Certo,ne ho incontrate,ma mai misteriose con quelle sfaccettature.
Guardando Londra dal balcone del mio albergo,ripenso ai miei soldi,alle donne avute ma mai più amate.
Al successo del mio libro.
Che non ho mai riletto dopo averlo scritto.
Perchè mi faceva e tutt'ora fa,paura.
Perchè quelle parole e frasi e pagine sono i ricordi intersecati nella letteratura,quei ricordi che cerco a tratti di dimenticare,a tratti no,ma so già non dimenticherò mai più.
Questa é Londra.
Ristagnare nel passato.