DIALOGO DI UN PASSANTE E DI UN ARTISTA
Passante. Che meraviglioso dipinto andate realizzando!
Artista. La vostra reazione, nobile signore, è quella che spero avranno molti altri.
Passante. Questo senza dubbio, infatti la maraviglia che provoca la sua opera in me è grandissima.
Artista. Di questo io mi rallegro, vogliate dunque tenermi compagnia, ch’è tutto il dì che me ne sto qui immobile a dipingere il paesaggio.
Passante. Con grandissimo piacere. Di cortesia, voi siete molto abile, a quale età vi raccostaste all’arte del dipingere?
Artista. Nella più fresca gioventù, avendo completato i miei studi.
Passante. E, di cortesia, perché proprio alla pittura, tra le migliaia di arti di questa grande commedia umana (1) ?
Artista. Poiché, tra tutte, la trovai quella più atta ad occupare la mia vita e a distogliermi dall’ozio.
Passante. Dunque voi incominciaste a dipingere per colmare la vita, che, senza l’impegno scolastico ormai conclusosi, sarebbe rimasta priva di attività?
Artista. Per questo ed anche per un altro motivo.
Passante. Di grazia, quale sarebbe codesto motivo che menzionate?
Artista. Ebbene, mi dedicai alla pittura anche avendo come fine la semplice distrazione, oltre che l’attività.
Passante. Distrazione da cosa, se mi è lecito saperlo?
Artista. Dalla morte, era da poco venuto a mancare mio fratello.
Passante. Dunque, i due principali motivi per cui vi siete avvicinato alla pittura sono stati il bisogno di attività e il bisogno di distrazione?
Artista. Vero.
Passante. Dunque, correggetemi se vado errando, l’arte nella vostra vita ha duplice funzione: appunto quella di rendervi attivo e quella di distrarvi.
Artista. Sì, questo è ancora vero.
Passante. Dunque, non vi rende felice, ma vi rende attivo e distratto.
Artista. Qui vi sbagliate, mi rende felice proprio perché attivo e distratto.
Passante. Ma, se ben ricordo, voi mi avete detto che il principio della vostra arte è da individuare nella noia e nell’infelicità per la morte; dunque possiamo dire che all’origine della vostra pittura sono due termini: noia e infelicità.
Artista. Siamo d’accordo.
Passante. Bene, di conseguenza mi sembra opportuno dire che, nell’accostarvi all’arte, voi non eravate mosso dal desiderio di ottenere la felicità, ma, al contrario dalla volontà di porre rimedio ai due spettri di noia e infelicità.
Artista. Codesto che voi dite è vero, ma rimane il fatto che quando dipingo io sono felice.
Passante. Voi siete felice in quanto non vi ricordate più dei due spettri?
Artista. Esatto.
Passante. Ma, mentre non dipingete, voi vi ricordate dei due spettri e siete infelice?
Artista. Purtroppo è vero; per questo, come ho detto, sono felice quando dipingo.
Passante. Ebbene, a me pare che, dipingendo, voi siate volto non alla felicità, ma all’oblio degli spettri. Per questo io definisco la vostra arte non felicità, ma “illusione” di felicità, il cui compito è distogliervi dai due spettri; tant’è vero che, conclusasi l’illusione, voi vi ritrovate tra le braccia dei due spettri.
Artista. Questo che voi dite mi pare sensato.
Passante. Dunque la vita, sarete ora d’accordo con me, è nelle mani di tre figure: i due spettri di noia e infelicità e l’illusione; e per tutta la vita l’uomo oscilla tra gli spettri e l’illusione, senza mai essere realmente felice.
Artista. Temo che voi abbiate ragione.
Note:
(1) Citazione da Balzac.